Il 31 luglio del muore Pippo Basile, tutti noi che stavamo lavorando con lui, anche sapendo la sua situazione di salute precaria, rimaniamo profondamente colpiti. Un uomo di una educazione innata, che sapeva ascoltare. Basile con un gesto che faceva spesso: Quando parlava il prof. Era il restituire di un ascolto lungo e lucido. Askavusa decide di riappropriarsi interamente del percorso con gli oggetti dei migranti e rimarcare la propria linea, senza compromessi o mediazioni di nessun tipo. Gli oggetti, tutti gli oggetti, trattengono e rilasciano energia.
Noi stessi siamo parte di questo movimento eterno. Come relazionarsi con gli oggetti, quindi? In infinite maniere, ovviamente. Gli oggetti si ricreano, sia a livello energetico che culturale, ogni volta che qualcuno si pone davanti a loro come spettatore, come studioso, come manipolatore.
Scegliere significa includere ed escludere. Un fraintendersi su tutto. Si sceglie anche la rinuncia. Cosa possono questi oggetti, adesso? Lo stesso avviene con i corpi dei migranti. Li si rappresenta sempre, specialmente da un punto di vista mediatico. Prima si creano i migranti in senso fisiologico: Poi negli altri sensi: Non si rappresentano gli individui, se non come eccezioni. Dai loro oggetti si pretende invece una voce, si pretende che parlino, o meglio che vengano parlati, che siano i mezzi della propria voce, del proprio pensiero, del proprio metodo, della propria cultura.
Anche qui continue scelte. Anche qui qualcosa manca sempre. Queste trappole sono ovunque, pronte a scattare al minimo passo falso. Non vogliamo dire con questo che studiare gli oggetti, identificarli e rinominarli sia sbagliato. Non sappiamo cosa debbano fare gli altri. Ognuno ha le proprie motivazioni, argomentazioni e tesi da portare avanti. Noi stiamo semplicemente cercando la strada che ci ha portato in quella discarica.
Nostra Signora delle Coperte Ipotermiche. Nostra Signora delle Coperte Isotermiche. Stai commentando usando il tuo account WordPress. Stai commentando usando il tuo account Twitter. Stai commentando usando il tuo account Facebook. Notificami nuovi commenti via e-mail. Ringraziandola per il Suo interessamento e per la cortese proposta La salutiamo cordialmente Una breve storia del percorso di Askavusa con gli oggetti dei migranti e il racconto di alcuni momenti che hanno segnato la vita del collettivo di Giacomo Sferlazzo Nel ho trovato per la prima volta degli oggetti appartenuti a persone passate da Lampedusa.
La prima sede di Askavusa intitolata a Peppino Impastato. Sono, al massimo, gli spettatori che riescono a riempire una sala, o una piazza: Ma per esistere, lo spettacolo dal vivo ha bisogno di pubblico e anche di comunicazione sociale. Senza scomodare teorie, ha bisogno di annunciarsi, dimostrare la propria esistenza, farsi riconoscere, promuoversi, pubblicizzarsi, ma soprattutto raccogliere consensi, dentro la "nuvola" dei media.
Trascurano il fatto che. Fb aiuta poco a vendere prodotti, o biglietti, e serve semmai a creare e diffondere immagine. Per usare i termini pomposi della comunicazione aziendale: Il tam tam mediatico dei "pochi" che avevano visto i loro spettacoli ha. Non che manchino, su Fb, profili o pagine ufficiali di singoli artisti teatrali o gruppi mi scorre sotto gli occhi ora quella di Federico Tiezzi, esplosa sulla querelle della direzione artistica del Metastasio di Prato, quasi una quotidiana rassegna stampa del caso, eppure, una volta passato aprile, via via languente. Buona mossa, ma occasionale.
Per le sue caratteristiche, innanzitutto: Nel frattempo i dispositivi di videoregistrazione portatili si integrano alla rete, mutando in piccole troupe televisive ambulanti. E noi con lui. Teatro e YouTube significa soprattutto teatro e web. Una sorta di mini-ricerca di antropologia virtuale.
Cominciamo digitando nella barra di ricerca di YouTube la parola chiave, in italiano e in inglese, per scoprire quali sono i primi tre risultati. Il primo e il terzo risultato ci rimandano al quartetto vocale americano Teatro, appunto. Ecco trovata la risposta. Ma in fondo stiamo parlando di un cervello statistico, che tira conclusioni a partire dal monte di certezze che riceve da chi se ne serve. Per disegnare una scaletta di regole del gioco, se alla domanda: Magari battendoci sul tempo. Della contrazione dei consumi a soffrire di meno sono i prodotti di lusso e di nicchia.
Ma forse no, forse bisognerebbe risalire addirittura a La voix humaine e rendere omaggio al talento di Jacques Cocteau, annata Il francese calava un tema tipico — addirittura iperclassico: Caduti nella rete Esprime la prima linea rectius, il primo modo di relazionarsi alle tecnologie lo svizzero Igor.
Bauersima, ad esempio, in Norway. Ave Maria per una gattamorta di Mimmo Sorrentino partiva da qui, per la sua straordinaria mimesi del linguaggio e della sottocultura giovanile. Stesso discorso per il provocatorio Sex Addict di Tim Fountain , che mette in scena una chat omosessuale e il rinvio dei dettagli alla replica seguente.
Lo spettacolo frantuma la materia epistolare del romanzo di Goethe tra gli sms che un nucleo scelto di spettatori riceve nei tre mesi precedenti: In Storie zip la forma breve delle micro-narrazioni proviene dal concetto di compressione; www.
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O certi lavori dei Rimini Protokoll. Le immagini in movimento, le animazioni, i sistemi interattivi, i programmi informatici per una gestione live del materiale audiovisuale in questa generalizzata computerizzazione della cultura producono una fenomenologia teatrale mutante. Masbedo i video-maker Bedogni-Masazza traslocano dal video al teatro tematiche esistenziali profonde: Gigantismo e architectural mapping Caratterizza la scena degli ultimi anni il fenomeno del gigantismo: Altroteatro, Palindrome, Konic thtr, Aiep e Troika Ranch Company usano elettrodi e sensori applicati sulla pelle che registrano pulsazioni cardiache, calore, alterazioni di temperatura, contrazioni muscolari, mentre un software traduce il segnale per controllare e modulare suoni campionati e immagini video: Anzi in alcuni casi deve addirittura accenderlo!
In questo spettacolo mondo reale e virtuale si fondevano pro-. Poi pittura dal vivo, il bunraku con le sue leggende e gli oggetti che prendono vita come attori. Queste e altre le numerose proposte della rassegna torinese. I due brevi spettacoli proposti da Manami sono ispirati ad antiche leggende giapponesi, ma seducono soprattutto per la musica ipnotica e per i movimenti, che disegnano una coreografia misurata e coinvolta, precisa e struggente. Musiche di Glyn Perrin. Regia di Gyula Molnar. Un altro artista catalano, Jordi Bertran, ha invece riportato il pubblico indietro nella storia del teatro di marionette con il suo Antologia, spettacolo storico del teatro di figura spagnolo e cavallo di battaglia della sua compagnia, fondata nel Il primo crea i suoi spettacoli lasciandosi ispirare dalle melodie suonate da Francisca Rodrigo per dipingere, rigorosamen-.
Sul piccolo palco rialzato immerso nel buio, le figurette di legno dalle sembianze umane sono creature fragili, vulnerabili, impotenti, che si dibattono invano in un costante rapporto di sopraffazione ed eliminazione. Facendo il paio con Saputoni o lo stupore del conoscere, singolare creazione per. Ma non esistono asini, ci sembra dire lo spettacolo, basta lasciar loro tempo.
Uno spettacolo divertente e anche commovente. Anche la narrazione viene visitata con accenti nuovi. Infine il naturalismo, riscattato dal ritmo cinematografico, regna sovrano in un altro progetto assai interessante, Somari, dei milanesi Kilodrammi, dove tre alunni occupano una scuola per riscattare il loro contraddittorio presente. E ora siamo molto curiosi di vedere se gli spettacoli, una volta presentati nella loro forma compiuta, soddisferanno le attese. Il legame con lo Stabile di Genova, i suoi testi e le sue principali regie, da Goldoni rinnovato alla memorabile Madre coraggio di Brecht con Lina Volonghi.
Memorabili la sua Madre Coraggio e i suoi Pirandello degli anni Sessanta: Io lo ricordo come un Maestro: Faceva eccezione Luigi Squarzina. I suoi allestimenti brechtiani, vedi Madre Coraggio con Lina Volonghi, titanica primattrice non accademica, si caratterizzano come antitetici alla lettura strehleriana. Proprio in quanto non sono contrapposti e dunque non sono contrapponibili.
In tempi di crisi, di restaurazione, di polarizzazione massimalista del dissenso, di terrorismo ideologico, di Mulino Bianco imbiancato di nuovo, lo Squarzina Show sarebbe davvero rappresentazione di una praticabile terza via. O vogliamo lasciare il futurismo a Fini e il futuro a Formigoni e alle sue formichine cielline?
Il Barone di Munchausen fu soprattutto il problema della partecipazione al gioco nella individuazione delle sue regole, dei suoi meccanismi interni: Traduzione e adattamento di Massimiliano Civica. Scene di Paolo Benvenuto. Luci di Gianni Staropoli. Ordine estremo, rifiuto del sensazionale, luci crude, spazio vuoto, durate dilatate: Tre Sogni, un unico capolavoro Tre riletture della commedia shakespeariana: Traduzione di Patrizia Cavalli.
Regia di Carlo Cecchi. Scene di Roberto Bivona e Carlo Cecchi. Costumi di Sandra Cardini. Luci di Stefano Barbagallo. Un soffio giovane e frizzante, che fa ben sperare per il futuro del nostro teatro. Giovanissimi attori e alcuni di loro sono anche musicisti per la colonna sonora che accompagna lo spettacolo: Certo, un discorso diverso va fatto per Carlo Cecchi, che in questa occasione si getta nella mischia divertendosi come un matto, e non facendo niente per nasconderlo.
Pierfrancesco Giannangeli Sogno di una notte di mezza estate, di William Shakespeare. Adattamento e regia di Andrea Battistini. Luci di Carlo Pediano. Regia di Jurij Ferrini. I costumi, stesi come i panni di un bucato settecentesco, delimitano la scena e gli attori sono vestiti con abiti di tutti i giorni. Regia di Valerio Binasco. Scene e luci di Nicolas Bovey. Musiche di Andrea Chenna. Costringere il pubblico ad abituare il proprio orecchio al verso e al linguaggio arcaico e raffinato del settecentesco autore astigiano potrebbe, in effetti, sembrare una forma di supplizio.
Il secondo, invece, sfrutta autoironia e talento per la sdrammatizzazione al fine di rendere credibile la spietata arguzia del consigliere Gomez. Lo stesso vale per il registro interpretativo: Regia di Mark Ravenhill. London Artists Projects Production. Una raffinata signora, capelli grigi leggermente cotonati, orecchini vistosi, una blusa con decorazioni dorate e paillets, pantaloni neri e, unico par ticolare bizzarro, calzini e scarpette rosso fuoco.
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Mentre sullo schermo, posto dietro le sue spalle, scorrono fotografie in bianco e nero che lo ritrag-. Una scelta su cui Bet te ritorna spesso nel suo racconto, sottolineando con forza come i vestiti e il trucco da donna fossero il suo modo per sentirsi davvero se stesso. Ossessioni noir metropolitane WOOF! Regia di Emanuele Crotti. Una trama nera e disperata, dunque, senza troppe concessioni alla speranza e, nondimeno, illuminata da una drammaturgia composita e stratificata, poetica e ironica, sarcastica e visionaria.
Musiche di David Pino.
Una prova sono i due suoi ultimi spettacoli, ospiti particolarmente attesi del festival torinese Prospettiva. Due attori si lamentano del modo in cui tutti i bambini del mondo occidentale mangiano la pizza, un tappeto di libri che occupa il centro del palcoscenico viene calpestato, usato come urinatoio e come letto e, infine, allegramente distrutto.
Le varie scene sono inframmezzate da numeri musicali. Il tutto per esprimere il desiderio del regista di essere contro — versus appunto — qualunque cosa simboleggi consumismo e pensiero piccolo-borghese. Traduzione di Alessandro Serpieri. Regia di Marco Sciaccaluga. Costumi di Catherine Rankl. Luci di Sandro Sussi. Musiche di Andrea Nicolini. Strana e anche un tantino misteriosa. Con un assai complicato intreccio.
Angelo per primo che non bada ai modi pur di possederla Gianluca Gobbi e Alice Arcuri: Gente insomma da cupi bassifondi. Un tasto sul quale sembra aver voluto premere anche Sciaccaluga che, rifiutando intellettualismi e letture sofisticate, ha messo in moto uno di quei grossi e macchinosi spettacoli che da anni son diventati caratteristica dello stabile genovese. Un cubo che, se dapprima risulta una gabbia che imprigiona, alla fine diventa una giostra su cui tutti salgono. Regia di Emanuele Conte. Scene di Luigi Ferrando. Costumi di Bruno Cereseto.
Luci di Tiziano Scali. Musiche di Dado Moroni. Sostenuti da rumori fuori scena e proiezioni animate sullo sfondo su teli che di volta in volta modificano la situazione, gli attori-disegni contribuiscono a un racconto strampalato che ci porta in un mondo di pura invenzione: E se il labile intreccio ha un suo.
Regia e drammaturgia di Giorgio Gallione. Scene di Marcello Chiarenza. Coreografie di Giovanni Di Cicco. Musiche di Paolo Silvestri. Ai lati pianoforti, in piedi o capovolti. Vestiti di nero, in modo personalizzato e moderno, tutti hanno la loro ferita, una macchia rossa ai polsi, alla tempia, sulla gola. Il narratore stesso, Eugenio Allegri, entra con un cappio al collo, non prima che una coreografia di corpi distesi buttati accasciati, sopra sotto e accanto ai pianoforti, ci abbia salutato dandoci una panoramica in movimento di anime suicide.
Simona Guarino e Giorgio Scaramuzzino. Di straordinaria forza la sintesi di un amore maniacale che porta un lui a radersi tutto il corpo, metafora di una consunzione, di un adattarsi per amore che riduce a scheletro; non meno intensa la lenta agonia a cui ci sottopone il suicidio in diretta con un sacchetto di plastica parte del suo stravagante quanto succinto costume di un trans con quella sua aria malinconica da clown.
Regia di Alberto Giusta. Scene e costumi di Laura Benzi. Leit motiv le musiche operistiche, di cui Totina Barbara Alesse diventa nobile adepta, fornendo ulteriore elemento suggestivo ai prodigi, risibili e affettuosi, del teatro. Scene e video di Laura Benzi. Costumi di Maria Grazia Bisio. Luci di Federico Canibus. Musiche di Edmondo Romano. Scene e costumi di Neva Viale.
She’s Mercedes: Anna Trubachova.
Luci di Enzo Monteverde. Con Lisa Galantini e Daniele Gatti. Quasi in contemporanea, due lavori diversissimi di Laura Sicignano col suo in-solito Gruppo creativo: Diluvio ipotizza e inventa, tra mito e utopia; La Regina, rievoca la Storia. La navigazione disperata apre un percorso di presa di coscienza, in un dialogo per la sopravvivenza. Sconta, invisa e sospettata, la fede per Napoleone ora esiliato. Ricordi e presenze, in un ritratto luminoso e delicato; profondo soprattutto per gli accenti della sensibile attrice, che recita nel teatrino restaurato della villa che fu dimora della stessa Pieri.
Regia di Luca Ronconi. Luci di Claudio De Pace. Come fosse una natura morta di Morandi. Storie di collegio femminile. Che infatti diviene cuore dello spettacolo, attraverso una narrazione in prima persona quasi grottesca nello scandire gli episodi, nel farsi trascinare dai vocaboli. Una scelta apprezzatissima da alcuni, ma vissuta con una certa insofferenza in platea.
Causa anche un immobilismo che non aiuta. E una drammaturgia che fatica e quanto a rendere teatrale un testo profondamente letterario, segnato da una scrittura chirurgica. Regia di Licia Maglietta. Con Licia Maglietta, Nicoletta Maragno. Traduzione di Salvatore Cabras e Maggie Rose. Luci di Nando Frigerio. Sia nel reclutare schiere di giovani attori nei loro ultimi spettacoli, sia nello scegliere testi dove ritrovare questi temi. Di ben altro genere di studenti questa volta si parla. Ma anche di ben altro genere di professori si parla: Che grazia, intelligenza e ironia nel costruire personaggi e caratteri!
La parola passa poi a Susan. Il binomio Maglietta-Bennett sulla carta prometteva bene, ma in scena non convince molto. Valeria Ravera Licia Maglietta in La grande occasione. Una fiaba, ma sotto questa fiaba, so t to ques to raccon to che ondeggia a tratti tra dramma pastorale e commedia arcadica, sta una splendida metafora. La metafora del Tempo che ricuce con il suo interven-. Una fiaba giocata in una cornice scenografica di candide ed eleganti geometrie cui si contrappongono i coloratissimi costumi e trasportata dentro un ironico Ottocento da operetta viennese da Bruni e De Capitani.
I quali, oltre che registi e disinvolti traduttori, sono anche i due bravi e divertiti protagonisti. O meglio andiamo a vedere teatro ma non andiamo a vederlo a teatro, andiamo a vederlo in una casa, nientemeno che a casa di Renato Palazzi. Si mette in scena un dramma giocoso di Thomas Bernhard dal titolo allegramente macabro Goethe schiatta.
Sprofondati nei divani, conversiamo ancora di Palazzi in scena, ancora di teatro, ancora di passione politica. Regia di Luciano Melchionna. Scene di Alessandro Marrazzo. Costumi di Michela Marino. Luci di Camilla Piccioni. Musiche di Riccardo Regoli. In questo spazio si incrociano i destini di quat-. Scene di Isabella Spinelli. Costumi di Sonia Bonacina. Luci di Luca Siola. Da un livello zero del senso drammaturgico, che per una volta mette al bando pesantezze intellettuali e psicologismi per riproporsi in una partitura corale. Quasi una forma di autocensura.
Niente che non ci si aspet ti: E a calcare la mano ma senza esagerare su bastonate e vendette. In uno spettacolo che complessivamente rimane purtroppo sciapo come il testo da cui muove, mai convincendo, mai imponendosi alla memoria. Regia di Lorenzo Loris. Scene di Daniela Gardinazzi. Costumi di Nicoletta Ceccolini. Una partitura precisissima, come un piccolo carillon scenico-drammaturgico. E un cast in gran forma. Vita e follia del cloachard Davies Gigio Alberti e dei fratelli Aston Mario Sala e Mick Alessandro Tedeschi , il primo segnato da un passato nerissimo in clinica psichiatrica, il secondo manesco borderline.
Testo bellissimo ma scivoloso. In questo una partitura. Perfettamente interpretata da Gigio Alberti e Mario Sala, assente presentissimo, da applausi a scena aperta quando racconta degli elettroshock subiti. E ci si emoziona. Con un pizzetto che fa subito antipatia. Teatro di stampo classico ma che persegue una propria evoluzione. Una generazione senza padri N.
Regia di Renzo Martinelli. Suono e video di Fabio Cinicola. Con Marco Cacciola e Cristiano Nocera. Figli di padri sconosciuti. Segnati da un futuro incerto come canterebbe Jim Morrison e da un passato non vissuto, di lotte e di ribellioni. Incuriosisce la riflessione drammaturgica. E che la rallenta. Non aiutati dalla regia di Martinelli, che sceglie una chiave cine-estetica tutta giocata sulla fascinazione dei simboli e riprese video in tempo reale. Si veda quella Renault 4 che domina la scena, il cadavere di Moro richiamato in apertura di spettacolo.
Proponendo con coraggio rimandi importanti ma mai approfondendoli, mai scalfendone nemmeno la superficie. E, per assurdo, il tutto vira senza accorgersene verso una lettura pop, vagamente adolescenziale. Finendo per frustrare le ambizioni iniziali del progetto. Da segnalare i begli inserti sonori di Fabio Cinicola. Regia di Massimiliano Speziani. Padre e figlio, dal rapporto complicatissimo.
Fra bugie, pentimenti, amore e rabbia. La bellezza de Il Tiglio si trova nei suoi primi dieci minuti. Si s cade nella macchietta. E non aiuta una reiterazione esasperata di scene e situazioni, che nulla aggiungono al senso del tutto e al contrario rallentano le dinamiche sceniche. Senza un proprio ritmo, senza un proprio respiro, nonostante la bravura dei due protagonisti. Traduzione e drammaturgia di Marcello Fois e Serena Sinigaglia. Regia di Serena Sinigaglia. Scene di Maria Spazzi.
Costumi di Federica Ponissi. Musiche di Gavino Murgia. Sa di vecchia trovata quello sventagliare di panuelos compiuto dagli attori quando se ne stanno immobili seduti in cerchio su bianche sedie. Regia di Carmelo Rifici. Scene di Guido Buganza. Costumi di Margherita Baldoni. Luci di Lorenzo Carlucci. Musiche di Ferdinando Baroffio. Traduzione di Giovanni Lombardo Radice. Regia di Leo Muscato. Scene di Antonio Panzuto. Costumi di Gianluca Falaschi.
Ricordo quando ho incontrato Pedro per la prima volta: Il film era Entra tinieblas: Lo spasso di una trash story in colori tra lo splatter e il camp dove monache tipo Suor Topa, Lsd addicted, aiutavano tossiche come la protagonista e mantenevano il convento scrivendo libri porno, era travolgente. Successo strepitoso, che mi fa scoprire il Muscato touch, qui al Goldoni di Venezia: Tutto accade in dieci anni, dal al La regia di Carmelo Rifici si mette giustamente al servizio del testo: Scene di Josef Frommwieser.
Costumi di Marina Luxardo. Ma stavolta al maschile. Drammaturgia di Francesca Manieri. Regia di Pierpaolo Sepe. Scene di Francesco Ghisu. Luci di Pasquale Mari. Musiche di Francesco Forni. Con lui ha scelto di sprofondare in un gorgo mortale. E che ci lasciano sospesi tra rabbia e compassione. Regia di Galin Stoev. Scene e video di Saskia Louwaard e Katrijn Baeten. Musiche di Wilm Lots. Regia di Rachid Zanouda.
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- Chemotherapeutical Nightmares;
Costumi di Annabelle Simon. Luci di Jean-Jacques Beaudouin. Musiche di Mikael Plunian.
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Progetto Prospero, accordo di cooperazione culturale europea che vede coinvolte sei istituzioni teatrali continua e, al Festival Vie di Modena, aggiunge due nuovi tasselli: Nel dramma principe del Siglo de Oro spagnolo, Basilio, re di Polonia, rinchiude in una torre il figlio Sigismondo per scongiurare una profezia che indicava nel giovane il suo assassino. Ma poi decide di sfidare il destino: Col rischio che a rimetterci le penne sia alla fine fine lo spettatore tramortito. La coreana Yung Min Stein ce lo spiega perfettamente, dal momento che lo ha vissuto sulla propria pelle: Lo abbiamo visto a Udine, primo fra gli appuntamenti della stagione di Teatro Contatto.
Gli esperti hanno tutti e quattro a che fare con i videogiochi e ce ne sottopongono uno che ci coinvolge ludicamente. Immaginate di cominciare in questo momento una nuova vita — ci dicono dal palcoscenico. E poi via con le domande: Oppure su uno creativo? Preferite il progresso o la conservazione? Intendete far uso di alcool?
Volete sposarvi, o restare single? Scene e luci di Marc Jung Reithmeier. Drammaturgia di Tim Carlson. Scene di Andreas Kahre. Musiche di Ron Samworth. I due spensierati che stiamo osservando sono Jonathan Burrows e Matteo Fargion, di ritorno per la terza volta a Modena, al Festival Vie, con due nuove performance Cheap Lecture e The Cow Piece, ancora sottili nel tradurre con ironia le cadenze del senso e della parola in una successione convulsa di rincorse e capovolgimenti di cui, apparentemente, non ci viene dato il motivo.
Cage, con la sua facciona sorridente, domina anche lo schermo alle loro spalle mentre la danza praticamente scompare se non come accenno, come suggerimento scomposto del suono. E poi ci sono loro, le mucche. Regia di Vladimir Shcherban. Musiche di Sergei Nevski. Le intenzioni sono chiare fin dal titolo: Puntano in alto questa volta i Belarus: Bellissima idea, ma certo molto, forse troppo ambiziosa. E i Belarus ce la possono fare.
Adattamento e regia di Gabriele Tesauri. Scene di Matteo Soltanto. Costumi di Elena dal Pozzo. Luci di Paolo Mazzi. Dare al pubblico quello che vuole permette di andare sul sicuro ma non sempre, a nostro parere, di andare a fondo. Da questo spettacolo non si esce con delle domande, si esce con delle complete certezze. La grettezza del mondo corrotto che si vorrebbe mettere in discussione non arriva alla farsa, si ferma a una facile ironia che delle sue ipocrisie talvolta quasi quasi si compiace. In Rusco — il precedente lavoro di Tesauri — la regia era riuscita a esplorare profonde.
Traduzione di Stefano Casi. Regia di Andrea Adriatico. Scene di Andrea Cinelli. Costumi di Gaetano Navarra. Con Stefano Dionisi e Mambaye Diop. Sono un Nero e un Bianco: Il Nero ha salvato il Bianco, un professore, dal tentativo di suicidio. Il tono viene misurato dalle reciproche argomentazioni: Restiamo dentro un gioco verbale pre-drammatico che ci lascia indifferenti, estranei al destino di quei due. Un filo rosso si srotola dal palco.
Nastro adesivo che scende in platea, corre fra le poltrone, arriva fino in strada. Nello specifico, il quartiere anarchico di Exarchia, palcoscenico delle dimostrazioni di piazza degli ultimi tempi e della morte di Alexis Grigoropoulos, quindicenne assassinato a freddo il 6 dicembre del Fra Andy Warhol e i sanpietrini lanciati per le strade.
Il corpo a terra, innaturale. Ripercorrendo luoghi e incontri, muovendosi nel quartiere come fosse il proprio territorio, creando un documentario di immagini e parole su Exarchia e su se stessi. Materiali eterogenei che vanno a comporre un mosaico di rimandi e spunti, mai abbandonati dalla drammaturgia, sempre in equilibro. Ma mantenendosi in una grammatica semplice e leggibile nel confronto dialogico col pubblico.
Davvero in gran forma Silvia Calderoni. Sintesi del Motus-pensiero, una frase citata del regista libanese Wajdi Mouawad: Da mostrare nelle scuole. Stefano Dionisi e Mambaye Diop appaiono molto coscienti di quello che dicono, ma poco convincenti. Drammaturgia di Paolo Billi con la collaborazione di Filippo Milani. Regia di Paolo Billi. Macchine delle meraviglie ridotte a brandelli, indicazioni ossessive, giochetti fatui di un Barocco ormai stan-.
Con loro il Comandante degli agenti penitenziari Morgillo, vecchio Don Chisciotte, che, sostenuto da uno dei ragazzi, tutto sudato, in mezzo a noi osserva sulla scena la storia della sua caduta. Regia di Andrea Paolucci. Scene di Alessandra Vicini. Alle soglie del debutto, nel , questo testo di Visniec venne bloccato dalla censura del regime di Ceausescu. Anche quando i testi, per sfuggire ai controlli, venivano scritti, o meglio, camuffati in innocue storie di gusto surreal-grottesco.
Anche nei Cavalli alla finestra si parla di guerra, della sua follia e del fascino perverso del potere. A unire le tre storie un messaggero con mazzo di fiori e busta gialla che viene ad annun-. Diversi piani temporali si intrecciano: Musiche del quintetto Archea Strings. Immagini di Luca Gavagna e Elisa Chiodarelli. Sono contenti, come bambini. Hanno imparato un sacco di cose, oggi, in questa lezione semplice e costeggiata di poesia.
Regia e interpretazione di Michela Lucenti e Maurizio Camilli. Scene di Alberto Favretto. In questo parlarsi a distanza, riscrive tutta la loro storia, aprendo le quinte che la nascondono, riempiendo i vuoti lasciati da Shakespeare e dando a Ofelia un ruolo protagonista, assai simile a quello di Giulietta. Il suo ardore incendia le parole che scrive ad Amleto. Le resta il delirio dei sogni. Con Mario Allodi, Rocco Balestrieri,. Qui la voce e le poesie di Mariangela Gualtieri risuonano con le citazioni dei filosofi decantate da quattordici sorprendenti bambini, padroni perfetti della scena e soprattutto del senso di ogni singolo appunto.
I tempi di oggi, ce lo diciamo spesso, non ci appartengono, non ci somigliano. Eppure noi, i grandi, non facciamo un bel niente. I bambini, invece, non ci stanno. Oggetti di Istvan Zimmermann e Giovanna Amoroso. Musiche di Scott Gibbons. Traduzione e drammaturgia di Francesco Pititto. Regia di Maria Federica Maestri. The one-seater vehicle is an homage to t Die Kraftstoffverbrauchswerte wurden auf Basis dieser Werte errechnet.
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